Quello che segue è un articolo, a nostro giudizio molto interessante, scritto da Mauro Pasquali (presidente regionale Slow Food Veneto) e mai pubblicato dalle testate giornalistiche Venete, alle quali è stato più volte chiesto di darne diffusione.
Pare che in Veneto mettere in discussione l'attuale sistema vitivinicolo sia un tabù, da censurare.
Perciò pubblichiamo l'articolo qua, sul blog di GASolo.
RICONOSCIMENTO UNESCO DEL TERRITORIO DEL PROSECCO?
Il vero patrimonio da salvaguardare sono le future generazioni e la biodiversità da una monocoltura agroindustriale.
Slow Food Veneto lavora per salvaguardare e promuovere le produzioni di qualità e le realtà virtuose di un territorio meraviglioso come quello Veneto. Parliamo infatti di una regione dove centinaia di produttori, mettono impegno e competenza per lavorare in modo compatibile tutelando la biodiversità.
Serve sancire che questo territorio ha capito che i frutti duratori si ottengono se si lavora anche pensando al futuro. Inutile nasconderci che oggi la viticultura si è progressivamente trasformata in un’attività agroinsdustriale con connotati intensivi e spesso monoculturali. Una coltura fortemente connotata e condizionata dalla chimica di sintesi. La chimica è protagonista in vigna con pesticidi ed erbicidi, così come in fase di vinificazione.
Non solo, le regole del business agroindustriale hanno imposto un’espansione senza precedenti delle aree a vigneto in zone nuove, spesso per nulla vocate a questo tipo di coltura, al punto che si sta profilando in alcuni ambiti una vera e propria monocoltura.
Dunque, a nostro avviso proprio di fronte alla candidatura UNESCO bisogna ricordare che la contropartita che questo territorio, nel suo stesso interesse, deve impegnarsi a presentare, è l’impegno solenne a innovare alcune caratteristiche del sistema di produzione diventate nel tempo “strutturali”. Ciò al fine di preservare il capitale più prezioso e indisponibile, perché di proprietà delle future generazioni. Ci riferiamo ai livelli di biodiversità dell’ambiente locale, alla fertilità dei terreni e quindi il loro potenziale alimentare, alla qualità delle acque e degli habitat e per ultima ma non per importanza, alla salute e la qualità di vita delle persone.
Per questo, a nostro avviso, la candidatura dev’essere da subito accompagnata da un protocollo serio, concreto, preciso, che tuteli la salute dei consumatori e dei produttori e dunque preveda entro un periodo congruo ma non superiore una o due stagioni, vengano banditi pesticidi e diserbanti, a fronte dell’introduzione di vecchie varietà di vitigni resistenti, tecniche colturali sostenibili ma soprattutto biodiversità. Un protocollo che preveda una pianificazione di area vasta, che limiti e disciplini l’estensione e l’intensità colturale e che disciplini le modalità d’impianto, al fine di evitare lo stravolgimento degli assetti e la qualità dei terreni, così invece purtroppo oggi avviene normalmente per l’agricoltura agroindustriale.
Vogliamo inoltre ricordare che Slow Food Veneto ha aderito al coordinamento Coltiviamo Futuro assieme ad altre 17 associazioni, nato nella pedemontana trevigiana per preservare i valori appena descritti e perché la riteniamo un’aggregazione seria, importante e con forti elementi innovativi perché capace di andare oltre le visioni conservative, formulando proposte solide e lungimiranti. A nostro avviso è parte integrante e preziosa della biodiversità culturale dell’area che l’ha visto nascere, quella racchiusa tra il Monte Grappa, i colli Asolani, il Montello e il Piave.
Il vero patrimonio deve essere anche il futuro, di chi vive in un territorio, chi coltiva cibo e vino buono, pulito e giusto